Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XIX – 04 giugno 2022.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
La
scoperta di un nuovo neurone della memoria detto TORO nell’ippocampo. Marco Capogna, Wen-Hsien Hou e colleghi del Dipartimento di Biomedicina
dell’Università di Aarhus in collaborazione col gruppo di Ivan Soltesz dell’Università di Stanford hanno scoperto un
neurone ippocampale che si attiva quando si crea una memoria ed è in stretto
rapporto con le SWR (sharp wave ripples) da tempo
associate alla memoria episodica. La nuova cellula nervosa dell’ippocampo è
massimamente attiva durante le onde SWR, mentre diviene del tutto silente
durante l’attività lenta e sincronizzata teta che le popolazioni
neuroniche dell’ippocampo presentano durante il movimento da svegli e durante
il sonno REM. Tale comportamento, di spegnimento in attività teta e
massima accensione nelle SWR, in inglese è detto teta-off / ripples-on, in acronimo TORO. [Fonte: Line Rønn, Aarhus University; lo studio apparirà su “Neuron”, 2022].
AndromeDA colora la dopamina rivelando
eventi di rilascio mai visualizzati prima: James Daniel, Sofia Elizarova e altri hanno sviluppato
un nanosensore cromatico (paint)
nel vicino infrarosso detto “AndromeDA” (“DA” sta per
dopamina) per ottenere un’immagine diretta del rilascio della catecolamina e
delle sue caratteristiche spaziotemporali al livello subcellulare. AndromeDA ha riconosciuto eventi discreti di rilascio di
dopamina dalle varicosità degli assoni, valutando direttamente l’eterogeneità
degli eventi e determinando i costituenti molecolari dell’apparato molecolare
di rilascio del neurotrasmettitore. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2202842119,
2022].
In
cosa consisteva il potere della ninfa Carna di dissolvere gli incubi? La ninfa Carna, come ci racconta Ovidio, per sottrarsi
al desiderio carnale dei suoi spasimanti, li induceva ad entrare in una caverna,
chiedendo loro di attenderla un attimo perché sarebbe subito tornata per
giacere con loro, ma appena fuori fuggiva rendendosi per sempre irreperibile. Tentò
lo stesso trucco con Giano, ma questi che era bifronte, pur girato, si accorse
che stava fuggendo e la raggiunse, dichiarandosi vincitore. Per conquistare il
cuore della fanciulla, allora Giano le promise in cambio del suo amore che le
avrebbe concesso il dono di dissipare tutti gli incubi che nella notte
turbavano bambini e fanciulli. Carna usò questo potere per salvare da un incubo
il figlio Proca, che poi divenne re di Albalonga.
Molti miti su
poteri “magici” nascono come iperbole enfatica di abilità eccezionali di
persone reali. Su questa traccia, in uno studio ancora in corso sono state
reclutate tante giovani mamme, che non avevano nulla da invidiare al fascino di
Carna, e si è chiesto loro di vegliare i loro bambini e, qualora nel corso di
un anno avessero avuto un incubo, riportarne i contenuti, la durata, lo stato del
bambino al risveglio e l’esito del proprio comportamento. È risultato che le
mamme più efficaci nell’ottenere un recupero della serenità dei bambini erano
quelle che trasmettevano la sensazione di aver compreso e assunto dentro di sé
tutto ciò che il figlio aveva vissuto, spostando la centralità della sua
coscienza dalla dimensione onirica a quella della serena coscienza della madre,
dove vigeva la legge dell’amore materno in una condizione di assoluta
sicurezza. Queste madri rassicuravano i figli, dicendo di essere pronte a neutralizzare
materialmente qualunque cosa nella vita reale assomigliasse ai contenuti dell’incubo.
Meno efficaci le
madri che, pur mostrando empatia, apparivano incerte, impaurite o ansiose. Infine,
del tutto inefficaci quelle che canzonavano o deridevano i bambini, perché
questi, oltre a sentirsi soli di fronte alla paura e al rischio di ripetere l’esperienza
dell’incubo, sperimentavano la frustrazione di un atteggiamento ingiusto da
parte della madre. [BM&L-Italia, giugno 2022].
Nella
neurogenesi adulta la maturazione dei neuroni è facilitata dal canale KV1.1.
Nonostante decadi di ricerca sulla produzione di
nuovi neuroni da parte del cervello adulto, poco si conosce del ruolo della
segnalazione bioelettrica in questo processo. Yuan-Hung
Lin King e colleghi hanno scoperto che il canale del
potassio Kv1.1 preserva il pool delle cellule staminali
neurali e facilita la maturazione dei neuroni nell’ippocampo durante il processo
di neurogenesi nel cervello adulto. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2118240119,
2022].
Una
scoperta di anatomia e il trauma delle mutilazioni genitali femminili. Ci siamo impegnati a fondo, fin dalla fondazione
della nostra società scientifica, contro la pratica rituale e delinquenziale delle
mutilazioni genitali femminili diffusa in Italia fra gli immigrati
islamici, ma risalente ad antiche credenze di sostrato etnico, tollerate allo
scopo di rendere fedeli le donne private di parti anatomiche importanti per la
genesi di sensazioni di piacere. Un’argomentazione a sostegno di questa barbara
e cruenta forma di violenza per la sottomissione psicologica delle donne –
operata in genere dalle donne stesse – era che le parti asportate non sono che
residui vestigiali privi di significato funzionale. Si ricorda che alcuni
gruppi avevano ottenuto in alcune città italiane, fra cui Firenze, che la
mutilazione fosse praticata in ospedale per evitare le frequenti infezioni che
le donne anziane provocavano nelle giovani e nelle bambine, asportando loro
clitoride e piccole labbra con coltellacci affilati o con cocci di bottiglia.
Poi ci fu l’opposizione di varie organizzazioni, fra cui la nostra società scientifica,
che fece presente che quell’atto costituiva un reato contro la persona e
non poteva essere compiuto con l’approvazione del personale sanitario, ma
doveva essere perseguito.
Charles Botter, Barbara Hersant e numerosi
colleghi, descrivendo in dettaglio per aspetti finora sconosciuti il legamento
sospensore del clitoride, cancellano definitivamente la possibilità di
sottovalutare quest’organo ai fini della fisiologia riproduttiva della donna.
Il legamento
sospensore del clitoride è una struttura multidimensionale che si estende
dalla parete addominale anteriore al corpo della struttura clitoridea; a
differenza di quanto riportato nelle descrizioni dell’anatomia classica, i
ricercatori hanno rilevato e confermato in dieci donne che questa formazione consiste
di tre strati distinti sia da un punto di vista anatomico che
istologico. Lo strato superficiale origina dalla parete addominale
anteriore come estensione della fascia superficialis
dell’addome e consiste di fibre elastiche a maglie larghe, fibroblasti e fibre
collagene fra loro distanziate. Lo strato intermedio origina dall’estensione
dell’aponeurosi addominale che raggiunge il corpo del clitoride, racchiudendolo
completamente e inviando estensioni alle grandi labbra, e al livello istologico
è costituito da fibre collagene e fibroblasti più compatti e ordinatamente
organizzati. Lo strato profondo è più breve e va dalla sinfisi pubica al
ginocchio del clitoride e sembra essere costituito quasi esclusivamente da
fibre collagene bene organizzate.
Questa scoperta
è rilevante per tutti gi interventi chirurgici che interessano il tessuto
sottocutaneo del basso addome e del pube, oltre che per la ricostruzione del
clitoride e per la metoidioplastica, e spiega perché alcuni
interventi in quella regione hanno causato una riduzione di funzionalità
clitoridea. [Cfr. J Sex Med. - AOP doi: 10.1016/j.jsxm.2021.10.002, 2022].
Si
può prevedere come tratteremo una persona dalla rappresentazione nel nostro cervello
dei suoi tratti caratteristici. Le decisioni delle persone su come trattare gli altri nei contesti
sociali sono influenzate dalle aspettative culturali o stereotipi circa
i tratti posseduti da costoro, ma non si sa tale esperienza se e come
sia rappresentata nel cervello. Combinando uno schema di psicologia sociale e
un gioco economico al vaglio dell’analisi multivariata della risonanza magnetica
funzionale del cervello di volontari che hanno preso parte all’esperimento,
Kenji Kobayashi e colleghi hanno trovato che le rappresentazioni nella corteccia
orbitofrontale laterale dei tratti stereotipici attribuiti agli
altri dai volontari consentivano di prevedere come questi li avrebbero
trattati. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2116944119, 2022].
Notule
BM&L-04 giugno 2022
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